Pensieri di San Pietro

Un contadino chiede: «Noi abbiamo conosciuto la potenza del Signore e la sua bontà. Ma ben poco sappiamo della sua dottrina. Forse ora ne potremo sapere di più da voi . In noi è viva la volontà di sapere quali sono le cose indispensabili da farsi per ottenere il Regno che il Messia promette. Con quel nulla che possiamo fare, potremo ottenerlo?».

San Pietro così risponde:

Guardavo dunque per prima cosa la fiamma, e mi è venuto questo pensiero: “Ecco: di che cosa è fatta la fiamma? Dalle legna. Ora la legna di per sé non fiammeggia. Anzi, se non è bene asciutta, non fiammeggia affatto, perché l’acqua l’appesantisce e impedisce all’esca di accenderla. La legna quando è morta giunge anche a imputridire, a sfarinarsi per i tarli, ma da sé non si accende. Eppure, ecco che se uno la dispone in modo atto e le avvicina l’esca e l’acciarino e poi fa sorgere la scintilla e ne favorisce l’apprendersi col soffiare sulle frasche sottili per aumentare la fiammella - perché si comincia sempre dalle cose più sottili - ecco che la fiamma sorge e si fa bella e utile, e tutto investe, anche le grosse legna”. E mi dicevo: “Noi siamo le legna. Da soli non ci accendiamo. Ma però ci vuole in noi la cura di non essere troppo pregni delle pesanti acque di carne e sangue per permettere all’esca di apprendersi con la sua scintilla. E dobbiamo desiderare di essere arsi perché, se rimaniamo inerti, possiamo essere distrutti dalle intemperie e dai tarli, ossia dall’umanità e dal demonio. Mentre, se ci abbandoniamo al fuoco dell’amore, esso comincerà ad ardere le ramette più esili e le distruggerà - e le ramette per me erano le imperfezioni - e poi crescerà e attaccherà le legna più grosse, ossia le passioni più robuste. E noi legna, cosa materiale, dura, opaca, brutta anche, diventeremo quella bella, incorporea, agile, splendida cosa che è la fiamma. E tutto perché ci saremo prestati all’amore, che è l’acciarino e l’esca che del nostro misero essere di uomo peccatore fanno l’angelo del tempo futuro, il cittadino del Regno dei Cieli”. E questo è stato un pensiero».

: «Un altro pensiero mi è venuto guardando le bestie che si cuocevano. Non dite che sono puerile nei miei pensieri. Il Maestro mi ha detto di cercarli in ciò che vedevo… E io ho ubbidito. Dunque guardavo le bestie e dicevo: “Ecco. Sono due innocenti, due miti. La nostra Scrittura è piena di dolci allusioni all’agnello, e per ricordare Colui che è il promesso Messia e Salvatore fin da quando fu accennato nell’agnello mosaico, e per dire che Dio avrà pietà di noi. Lo dicono i profeti. Egli viene a radunare le sue pecore, a soccorrere quelle ferite, a portare quelle fratturate. Quanta bontà!” dicevo. “Come non bisogna avere paura di un Dio che promette tanta pietà per noi miserabili! Ma” dicevo ancora, “bisogna essere miti, almeno miti, posto che innocenti non siamo. Miti e desiderosi di essere consumati dall’amore. Perché anche il più bello e puro agnellino, che diventa, dopo che viene ucciso, se la fiamma non lo cuoce? Una putrida carogna. Mentre ecco che, se il fuoco lo investe, esso diviene cibo sano e benedetto”. E concludevo: “Insomma tutto il bene è fatto dall’amore. Esso ci spoglia dalle pesantezze dell’umanità, ci fa splendenti e utili, ci rende buoni ai fratelli e grati a Dio. Esso sublima le nostre buone qualità naturali portandole ad una altezza che prende il nome di virtù soprannaturali. E chi è virtuoso è santo, chi è santo possiede il Cielo. Perciò quello che ci apre le vie della perfezione non è la scienza e non la paura. Ma è l’amore. Esso, molto più del timore del castigo, ci tiene lontani dal male per il desiderio di non addolorare  il Signore. Esso ci fa compatire i fratelli e amarli perché vengono da Dio. Perciò l’amore è la salvezza e la santificazione dell’uomo”. Queste erano le cose che pensavo guardando il mio arrosto e ubbidendo a Gesù mio. E perdonate se sono queste sole. Ma a me hanno fatto bene. Ve le do nella speranza che facciano bene a voi pure».

L’ubbidienza e l’amore hanno fatte trovare a San Pietro i pensieri e le parole per raccontare  e l’umiltà e il desiderio di dare consolazione ai fratelli faranno di esse tante stelle nel loro cielo oscuro.

Parlare di Dio e del suo Verbo senza ricorrere a sotterfugi per fare questo. Sostenetevi nella fede l’uno con l’altro, aiutatevi scambievolmente, compatitevi nei vostri singoli difetti, siate l’uno all’altro di edificazione.

Questo è amore. E, sebbene in diversa maniera, che nell’amore sia la salvezza lo avete sentito ieri sera.

Dice Gesù:

Simon Pietro, con parola semplice e buona, fa riflettere come l’amore cambi la natura pesante in natura soprannaturale, e di un individuo - che senza amore può divenire corrotto e corruttore, come una bestia macellata e non cotta, o quanto meno essere inutile, come legna che imporrisce nell’acqua senza essere buona a far fuoco - fare un uomo vivente già nella atmosfera di Dio, e perciò un essere che esce da corruzione e diviene utile al prossimo suo.

Perché, credetelo, figli, la grande forza dell’universo è l’amore. Io non mi stancherò mai di dirlo. Tutte le sciagure della terra vengono dal disamore. Cominciando dalla morte e dalle malattie che sono nate dal non amore di Adamo ed Eva al Signore altissimo. Perché l’amore è ubbidienza. Chi non ubbidisce è un ribelle. Chi è un ribelle non ama colui al quale si ribella. Ma anche le altre sciagure generali  o singolari, come le guerre o le rovine in una o due famiglie fra loro contendenti, da che vengono? Dall’egoismo che è disamore. E con le rovine delle famiglie vengono anche rovine di beni per castigo di Dio. Perché Dio, prima o poi, sempre colpisce colui che vive senza amore.